Infarto, angina pectoris, ictus ischemico ed emorragico sono le più diffuse malattie cardio e cerebrovascolari e rappresentano le principali cause di morbosità, invalidità e mortalità in Italia e nel mondo Occidentale. Le malattie cardiovascolari sono in gran parte prevenibili, in quanto, oltre a fattori di rischio non modificabili (come età, sesso e familiarità), dipendono anche da fattori modificabili, legati a comportamenti e stili di vita (abitudine al fumo, abuso di alcool, scorretta alimentazione, sedentarietà) che spesso sono causa anche di altre patologie croniche tipiche del nostro tempo come diabete, obesità, ipercolesterolemia e ipertensione arteriosa.
È quindi fondamentale, in termini di prevenzione, poter effettuare valutazioni accurate, tempestive e personalizzate del rischio cardiovascolare. Oggigiorno questo è possibile grazie all’utilizzo di metodiche e strumenti valutativi e diagnostici efficaci.
Le carte del rischio cardiovascolare servono a stimare la probabilità di andare incontro a un primo evento cardiovascolare maggiore (infarto del miocardio o ictus) nei 10 anni successivi alla valutazione. Tra queste, le carte SCORE (Systematic Coronary Risk Evaluation) sono raccomandate dalle linee guida europee sulla prevenzione cardiovascolare nella pratica clinica e adottate anche dagli enti regolatori italiani. Queste carte considerano tra i fattori di rischio non modificabili l’età nella fascia 40-70 anni e il sesso (non la familiarità, altro fattore di rischio importante), pertanto, seppur estremamente utili, possono sottostimare il rischio nei giovani e sovrastimarlo negli anziani.
Inoltre, le carte considerano anche alcuni fattori di rischio modificabili come ipertensione arteriosa, colesterolemia e abitudine al fumo, tralasciandone tuttavia altri, ad esempio sedentarietà, obesità o comorbidità predittive di malattia cardiovascolare, come l’insufficienza renale o alcune malattie sistemiche.
Nella valutazione del rischio, un’area emergente, ma di difficile quantificazione, è quella del cosiddetto rischio psico-sociale, correlato al livello socioeconomico, alla presenza o meno di un supporto sociale, allo stress lavorativo o familiare, allo stato di ansia-depressione e alla tipologia di personalità, che si è dimostrato altamente correlato agli eventi cardiovascolari negli studi epidemiologici.
Un problema di particolare rilievo che riguarda l’eventuale valutazione del rischio cardiovascolare nella popolazione giovane-adulta è rappresentato dalla discrepanza tra il rischio assoluto e quello relativo di sviluppare malattie cardiovascolari su base ateriosclerotica (CVD). Un basso rischio assoluto nella popolazione giovane adulta può celare in realtà un rischio relativo anche elevato. In aggiunta, gli attuali strumenti di valutazione, tarati per la predizione del rischio a 10 anni, sottostimano inevitabilmente l’impatto prognostico sfavorevole dei singoli fattori di rischio nel lungo termine. Una possibile soluzione a questo problema è l’uso del “CV risk age” (età cardiovascolare), che può essere desunto visivamente dalle carte del rischio SCORE dell’ESC/EAS o essere calcolato in modo automatico visitando il sito http://www.HeartScore.org. Il parametro può essere utilizzato in qualsiasi popolazione e per qualsiasi individuo, indipendentemente dal suo rischio di base.
Sebbene la maggior parte degli eventi cardiovascolari possa essere giustificata dai fattori di rischio tradizionali, può tuttavia esistere una sostanziale variabilità nel carico totale di aterosclerosi. Per questa ragione vi è interesse nell’utilizzo di alcune tecniche diagnostiche per migliorare la valutazione del rischio cardiovascolare e, nel caso, individuare in fase ancora subclinica la malattia aterosclerotica. Tale strategia può essere adottata in soggetti che presentino dei punteggi di rischio cardiovascolare globale prossimi o superiore ai valori soglia.
Calcio coronarico e TC coronarica. La valutazione della presenza di calcio a livello delle coronarie è possibile grazie all’utilizzo di un esame TC “multislice”. Studi prospettici hanno mostrato una associazione tra livelli di calcio coronarico e sviluppo di cardiopatia ischemica, quindi la valutazione tramite TC coronarica può migliorare la predizione del rischio cardiovascolare in aggiunta ai fattori di rischio convenzionali, in particolare in quei soggetti che mostrino punteggi di rischio borderline, ad esempio intorno al 5% (limite tra il rischio basso e moderato) o al 10% (limite tra il rischio moderato e alto) della scala SCORE.
Ecodoppler carotideo. Studi di popolazione hanno mostrato correlazione tra la gravità dell’aterosclerosi in un distretto vascolare e il grado di malattia in altri distretti. Il riconoscimento precoce della malattia aterosclerotica in soggetti apparentemente sani si è focalizzato sulle arterie periferiche, in particolare sulle arterie carotidi. La valutazione del rischio mediante le tecniche di ultrasonografia carotidea si basa sulla misurazione dello spessore intima-media e sulla presenza di placche carotidee.
Ecocardiografia colordoppler. L’ecocardiografia è più sensibile dell’elettrocardiografia nel porre diagnosi di ipertrofia ventricolare sinistra e nel quantificare con precisione la massa ventricolare sinistra e la geometria del ventricolo sinistro ipertrofico. Le anomalie cardiache evidenziate dall’ecocardiografia presentano certamente un potere predittivo addizionale ai tradizionali fattori di rischio cardiovascolare.
Indice caviglia-braccio (Ankle–brachial index – ABI). L’ABI è un test facile da eseguire e riproducibile per svelare la malattia aterosclerotica subclinica e asintomatica. Un ABI <0.9 indica la presenza di una stenosi ≥50% tra l’aorta e le porzioni distali delle arterie degli arti inferiori. A causa della sua soddisfacente sensibilità (79%) e specificità (90%), un ABI <0.9 è considerato un marker realistico ed efficace di arteriopatia obliterante degli arti inferiori.
Test ergometrico o test da sforzo. Lo svolgimento di una regolare attività fisica costituisce una componente centrale dell’intervento di prevenzione delle malattie cardiovascolari, in qualunque fase essa sia considerata. Il rischio di un evento avverso cardiovascolare durante l’attività fisica in soggetti adulti sani è estremamente basso e i benefici indotti dall’attività fisica stessa, in particolar modo se lieve o moderata, contribuiscono a diminuirlo ulteriormente.
Per tale ragione, i soggetti sani che decidono di intraprendere un programma di attività fisica lieve-moderata non sono generalmente sottoposti a valutazione medica preliminare né, ovviamente, a test da sforzo.
Queste valutazioni sono invece d’obbligo per chiunque decida di iniziare un’attività fisica vigorosa o uno sport, siano essi soggetti apparentemente sani ma sedentari oppure sani ma con sottostanti fattori di rischio cardiovascolare.
Bibliografia:
"Prevenzione delle malattie cardiovascolari lungo il corso della vita” del Ministero della Salute – maggio 2021
Cod. NPS-IT-NP-00163