Biodisponibiltà e Bioequivalenza

Gli studi di bioequivalenza, che devono essere presentati all’AIFA per ottenere l’AIC del farmaco equivalente, sono basati sul confronto dei parametri farmacocinetici che caratterizzano la biodisponibilità.

Con quest'ultimo termine si indica la quantità di principio attivo resa disponibile nel circolo sistemico e il tempo che questo impiega a raggiungere la sua concentrazione massima dopo la somministrazione del farmaco.

I parametri farmacocinetici che è obbligatorio valutare in uno studio di bioequivalenza sono Cmax, Tmax e AUC: dove i primi due sono indici della velocità del processo di assorbimento, mentre il terzo fornisce una misura della quantità di farmaco assorbita.

Cmax
Massima concentrazione plasmatica del principio attivo.

Tmax
Tempo di picco, necessario al raggiungimento della massima concentrazione plasmatica.

AUC(Area Under the Curve)
Area sottesa alla curva rappresentante l’andamento della concentrazione plasmatica nel tempo.

Bioequivalenza ed equivalenza terapeutica

Gli studi di bioequivalenza consentono di dimostrare che due farmaci sono bioequivalenti quando i loro profili concentrazione/tempo, ottenuti in seguito a somministrazione della stessa dose molare, sono così simili da non comportare differenze significative in termini di efficacia e sicurezza.

L’intervallo di confidenza (il cosiddetto ±20%)

Adottato dalle Agenzie Regolatorie internazionali come EMA (Europa) e FDA (USA), si riferisce al confronto tra i parametri di biodisponibilità del farmaco generico in studio rispetto al suo farmaco di riferimento. Esso garantisce che le differenze di biodisponibilità non superino il range di variabilità ritenuto compatibile con l'equivalenza terapeutica.

A questo proposito, già dal 1998 è stata elaborata la prima linea guida UE denominata "note for guidance on the investigation of bioavailability and bioequivalence" (CPMP/EWP/QWP/1401/98), in vigore da gennaio 2002.

Tale linea guida ha stabilito i criteri di accettabilità del rapporto dei valori medi di AUC e Cmax con un intervallo di confidenza al 90%.

Questo rapporto deve essere contenuto entro l'intervallo 0.80-1.25 e può essere esteso a 0.75-1.33% per il parametro Cmax quando analizzano farmaci che rientrano in una particolare casistica (ad es. farmaci ad alta variabilità intra-soggettiva). In altre parole, il 90% dell’ intervallo di confidenza per la misura della biodisponibilità relativa deve trovarsi entro un intervallo di accettabilità 0.8-1.25, il cosiddetto ±20%. Questo intervallo (0.8-1.25) riflette la variabilità individuale della popolazione su cui si effettua lo studio.

Anche se questo potrebbe indurre a pensare che i livelli plasmatici osservati dopo somministrazione di un medicinale generico potrebbero essere inferiori addirittura del 45% rispetto a quelli osservati con l'uso di un altro generico, in pratica questo non accade perché la necessità di mantenere i limiti di confidenza (non il valore medio!) entro l' "ambito di accettabilità" comporta, tipicamente, che le concentrazioni plasmatiche dopo somministrazione di ciascun generico differiscono in media di non più del 5-7% rispetto a quelle osservate dopo somministrazione del prodotto originatore.

Tale variabilità (5-7%)è relativamente modesta se messa a confronto non solo con le differenze interindividuali nella farmacocinetica, ma anche con le differenze di livelli plasmatici osservabili nel tempo entro lo stesso soggetto sotto l'influenza di fattori fisiologici, patologici e ambientali, oltre che del grado di compliance.

Esistono altre linee guida di cui tenere conto nella conduzione di studi di bioequivalenza, come ad esempio la "note for guidance on modified release oral and transdermal dosage form" (CPMP/EWP/280/96) relativa alle forme orali a rilascio modificato e ai sistemi transdermici. In questi casi è richiesta la conduzione di più di uno studio, in condizioni diverse.

Principali linee guida europee